Nella sua relazione annua per il 2011, l’agenzia di rating Moody’s anticipa che il Pil della Romania crescerà del 2,2% quest’anno, con l’acceleramento dell’assorbimento dei fondi europei, mentre l’inflazione si manterrà vicina al target della Banca Centrale di Bucarest.
Stando a Moody’s, la situazione economica incerta dell’eurozona, sullo sfondo della crisi dei debiti pubblici, intacca, però, le prospettive di crescita economica della Romania. L’agenzia nota che circa il 70% delle esportazioni romene vanno verso i paesi europei, e un rallentamento del ritmo di crescita in Europa lederebbe anche il ritmo di crescita della Romania.
L’analisi rileva pure che un più veloce assorbimento dei fondi europei e la crescita degli investimenti interni dovrebbero compensare il calo delle esportazioni, mantenendo la crescita economica sopra il tetto del 2% nel 2012.
L’inflazione, che ha toccato a settembre e novembre due nuovi minimi dopo il 1990, è calata al 3% a dicembre, valuta Moody’s, e si manterrà allo stesso livello anche alla fine di quest’anno. Nel documento viene evocata anche la possibilità che il deficit fiscale registri un ribasso sotto il 5% del Pil nel 2011, in conformità con il target del Governo. D’altra parte, circa l’80% del settore bancario della Romania è controllato da banche straniere. Con l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche, la Banca Nazionale rilasserà le condizioni di politica monetaria, intento sottolineato anche dalla recente riduzione dell’interesse chiave. La Banca Centrale ha abbassato l’interesse di politica monetaria dello 0,25%, al 5,75%, dopo che a novembre aveva operato una riduzione analoga.
Moody’s attribuisce alla Romania il rating Baa3, con prospettiva stabile, sostenuto dal livello relativamente ridotto del debito pubblico, l’accesso al finanziamento esterno e la prospettiva promettente di crescita economica a medio termine. Tutto ciò riesce a compensare i redditi bassi della popolazione rispetto ad altri paesi della regione, il grande deficit della bilancia tra risparmi e investimenti, le pressioni fiscali persistenti e gli scarsi risultati degli investimenti pubblici e delle compagnie statali.